CONTINUUM FLORENTINUS
Riflessioni di Stephen Alcorn sull’intersezione tra passato, presente e futuro nel programma accademico artistico Florence Revealed; Drawing from the Wellspring of Renaissance Thought & Vision
G.L. I tuoi taccuini italiani rivelano un amore profondo per la Toscana, e per la città di Firenze in particolare. Per te, il tuo rientro in Toscana, e più specificatamente Firenze, ogni giugno rappresenta una sorta di pellegrinaggio spirituale?
S.A. Direi proprio di sì, in quanto il mio programma Florence Revealed mi permette di trascorrere l’intero mese di giugno nel cuore di Firenze, la città della mia formazione artistica giovanile. Avendo avuto questa esperienza mi ritengo immensamente fortunato. Detta fortuna viene ulteriormente arricchita di anno in anno dalle lezioni di disegno che conduco giornalmente all’aperto che mi consente di scoprire, anzi di riscoprire il patrimonio culturale che ha dato vita al cosiddetto quattrocento fiorentino, e per esteso la mia educazione culturale/artistica. Sono le gite e visite giornaliere alle piazze, chiese e musei salienti che forniscono il contenuto primario sia teorico che empirico con cui “illuminare” i miei “manoscritti”, vale a dire i taccuini che servono da supporto sia alle innumerevoli immagini realizzate dal vero utilizzando una varietà di tecniche (fra cui l’inchiostro di china, acquerello, matite colorate, pastelli e punta d’argento), che agli appunti nozionistici trascritti utilizzando una penna stilografica e inchiostro di seppia “alla Leonardo”.
G.L. Nella tua opera si avverte un rispetto profondo per la storia dell’arte e per quello che ha da offrire ad un’artista aspirante, una veduta non necessariamente in sintonia con la direzione in cui sta andando l’istruzione artistica odierna. Puoi confermare quest’impressione?
S.A. Sì. sfortunatamente i riferimenti culturali e storici degli studenti di belle arti odierni raramente precedono l’avvento di Star Wars. Ed uno dei modi in cui cerco, come istruttore, di controbattere questa carenza di connessioni con il passato remoto è di condurre ogni estate il mio programma accademico Florence Revealed: Drawing from the Wellspring of Renaissance Thought & Vision.
G.L. A cosa attribuisci questa tua abitudine di riprodurre, a volte con disinvoltura e a volte con precisione dettagliata, i capolavori di epoche precedenti?
S.A. La genesi di questa mia abitudine si può rintracciare al periodo della mia formazione, quando ancora alle medie, ed ispirato dall’esempio di Michelangelo, visitai la Chiesa del Carmine (abitavo a pochi passi, in Via de’ Serragli), dove mi misi a copiare alcune figure del celebre ciclo di affreschi di Masaccio. Conservo tutt’oggi questi esercizi giovanili. Se non altro, hanno un valore sentimentale.
G.L. Trovo interessante che tuoi taccuini fiorentini non si limitano a celebrare opere d’arte, ma anche soggetti naturali. A cosa si deve questa confluenza di fonti d’ispirazione?
S.A. Il programma consiste in due corsi. Nel primo, intitolato Florence Observed, studenti si immergono nella storia dell’arte di Firenze, Pisa, Siena e Arezzo. Una seconda parte del programma, intitolato “Oltre le mura di Firenze”, è dedicato alla creazione di una gamma di studi naturalistici. Questi studi comprendono sia vedute “macro” della città stessa che vedute “micro” di soggetti botanici caratteristici della Toscana. Esplorazioni delle colline circostanti Firenze (Fiesole, Pian dei Giullari, Bellosguardo, ecc.) e visite al Giardino di Boboli, Il Giardino delle Rose e l’Orto Botanico forniscono l’ispirazione per le mie “illuminazioni” figurative/naturalistiche, mentre gite a Siena, Pisa e Arezzo servono a mettere in un contesto storico più ampio, il fenomeno del rinascimento avvenuto a Firenze nel XV secolo. La confluenza di soggetti artistici e soggetti naturali nei miei taccuini, serve a riflettere l’intercezione che è esistita da sempre nella storia dell’arte italiana.
G.L. Immagino che, vista la cura con cui realizzi i tuoi taccuini fiorentini, rimpiangi il fatto che la maestranza di certe discipline e pratiche tecniche tradizionali di base non siano più considerate indispensabili agli artisti come in epoche precedenti. Pensi che questo fenomeno sia reso ancora più problematico, dalla dipendenza odierna su mezzi di documentazione più effimeri e di conseguenza più superficiali?
S.A. Penso proprio di sì. Contrariamente, i taccuini che io “illumino”, sono il frutto di sforzi sostenuti e ripetuti, attraverso i quali cerco di costruire delle equivalenze analizzate della realtà: universi paralleli nei quali ogni centimetro della superficie va combattuta e conquistata, rivelando quindi sia la mia curiosità culturale che la mia dedizione al disegno. In questo modo trascendo l’approccio del turista tipico: un approccio superficiale, raramente comporta che un individuo trascorra più di qualche minuto di fronte ad un’opera d’arte e conseguentemente, l’allontanarsi da detta opera con qualcosa di più di una serie di foto effimere di cui vantarsi. La convinzione comune vorrebbe farci credere che la fotografia e i media ad essa connessi (video, cinema e televisione) rivelano la massima verità di ciò che vediamo. Questo non è vero: la macchina fotografica è capace di rivelare una verità di un soggetto, ma non necessariamente la verità più convincente. L’esperienza passata, mostra che l’atto di disegnare a mano, può favorire un apprendimento più profondo di un dato soggetto e portare così ad una connessione più ampiamente vissuta e di conseguenza più duratura. È stato detto che Leonardo disegnava “così bene perchè sapeva così tanto”. La verità più plausibile è che Leonardo sapeva così tanto perchè disegnava così bene.
G.L. Il taccuino come veicolo d’espressione artistica occupa un posto d’onore nella tua produzione giornaliera. A cosa attribuisci la tua passione per questa esercitazione particolare dell’arte del libro?
S.A. La mia speranza è che i manoscritti “illuminati” che creo non solo nel corso del programma Florence Revealed, ma ovunque mi trovi ed in qualunque periodo dell’anno, confermano la capacità del taccuino come mezzo didattico pedagogico di narrare lo sviluppo delle idee tramite una confluenza di testi, annotazioni e disegni; così come l’entusiasmo con cui intraprendo le attività impegnative giornaliere condotte all’aperto nel proverbiale field, confermano la sensorialità del mio essere e quindi il mio bisogno di coinvolgere nel processo creativo tutti i miei sensi, (vista, tatto, olfatto, udito, gusto) in congiunzione alle mie facoltà mentali (ragione, memoria, percezione, determinazione, intuizione, immaginazione).
G.L. Nei tuoi taccuini fiorentini si ha il senso che le opere d’arte del quattrocento fiorentino, da cui derivi così tanta ispirazione, non finiranno mai di stupirti. A cosa devi questa tua capacità di meravigliarti di fronte ad opere a cui eri introdotto già nel corso della tua formazione giovanile?
S.A. Gli artisti del rinascimento fiorentino continuano a stupirmi con la freschezza delle loro idee, la loro predilezione per la sperimentazione e la loro modernità. Comunque, la civiltà non dipende soltanto dall’innovazione e modernità. Nella Firenze rinascimentale possiamo vedere la reintegrazione del pensiero classico greco-romano nella vita moderna, non soltanto attraverso l’erudizione e l’umanesimo pagano di detto periodo antico, ma anche attraverso le profonde rivelazioni psicologiche, che le tematiche mitologiche tramandate dal pantheon pagano hanno da offrire.
G.L. La tua abitudine di lavorare in sintonia con i tuoi studenti è una manifestazione di una tua filosofia pedagogica precisa e deliberata?
S.A. Sì, lo è. Il programma Florence Revealed richiede che gli studenti coltivano e riempiono un taccuino ad ampio formato. La mia partecipazione in questo esercizio giornaliero serve a presentare il Professore non come infinita “fonte di saggezza”, ma come catalizzatore e partecipante nell’umile attività di imparare. In questo modo, l’atto di insegnare diventa assimilazione. Il risultato di questa strategia pedagogica è bilaterale: da una parte, gli studenti sono ispirati a rispettare un istruttore che si comporta a secondo le norme della professione da loro prescelta; dall’altra, l’istruttore impara a riconoscere e comprendere gli sforzi che gli studenti compiono nel corso dei loro compiti impegnativi.
G.L. La confluenza di venerazione per la storia dell’arte e sperimentazione tecnica presente nei tuoi taccuini, dà forma eloquente all’idea che la convinzione, la tradizione e l’innovazione, siano complementari, anziché reciprocamente esclusive. Puoi contestualizzare, per i nostri lettori, il tuo concetto della storia dell’arte nel contesto più ampio del passaggio del tempo?
S.A. Credo che quello che proviamo oggi a Firenze, sia il risultato dell’evoluzione di una tradizione venerabile e che un continuo rinnovamento della sua interpretazione sia necessaria affinché la civiltà moderna occidentale possa capire la sua natura. È per questo, che ritengo importante introdurre i miei studenti, alle meraviglie della storia dell’arte e ai vari media che ne determinano la sua forma indelebile. Se scrivo con passione del Quattrocento Fiorentino, è perché ho vissuto in prima persona la potenza di detta fioritura. Ciò nonostante ho sempre capito che il fulgore del quattrocento è legato agli splendori culturali artistici meno conosciuti dell’Africa occidentale, del Perù precolombiano e di tutte le civiltà antiche che l’Europa ha cominciato a scoprire soltanto negli ultimi 500 anni. I disegni dal vero riprodotti in questo articolo, oltre ad essere emblematici della mia partecipazione nel processo didattico giornaliero svolto, sono emblematici della convinzione che il passato, il presente e il futuro, anziché costituire dimensioni suddivise e delineati, rappresentano un continuum, vale a dire una confluenza di “stadi” in cui ciascun momento temporale informa l’altro. Possiamo considerare l’avvento del quattrocento fiorentino una delle manifestazioni più esemplari di questo fenomeno.
Si ringrazia Stephen Alcorn per questa prima intervista che evidenzia le tematiche ed i rispettivi taccuini come mezzo d’espressione della sua attività professionale giornaliera.
A cura di Gioia Lomasti – impaginazione curata da Marcello Lombardo
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