Intervista di Emanuele Marcuccio a Claudio Bossi
A cura del Direttore Onorario, Emanuele Marcuccio, a Claudio Bossi, giornalista e storico, massimo esperto italiano sulla tragica vicenda del Titanic, autore del saggio omonimo, edito da De Vecchi nel 2012.
Su invito di Gioia Lomasti, per il blog Vetrina delle Emozioni, ho deciso di intervistare gli autori dei libri di poesie, pubblicati a mia cura e, oltre agli autori da me curati, ho deciso di intervistare anche autori emergenti e professionisti. Continuiamo con il noto studioso, Claudio Bossi, massimo esperto italiano sulla tragica vicenda del Titanic, il transatlantico inabissatosi, dopo una collisione con un iceberg, nelle gelide acque dell’oceano atlantico, alle 2,20 del 15 aprile 1912.
Innanzitutto, io, tutto lo staff di Vetrina delle Emozioni e soprattutto la nostra cara presidente, Gioia Lomasti, la ringraziamo per la richiesta di questa intervista, in esclusiva per il nostro sito.
Come è nato in lei il desiderio di scrivere un saggio sul primo e ultimo viaggio del Titanic?
L’interesse di un bimbo per un certo mistero, si è trasformato in grande rebus una volta che il bimbo è diventato uomo. Rimasi estasiato dalla visione del film “Titanic, 41° latitudine Nord” poi nel 1985 con il ritrovamento del relitto è scoccata la scintilla: ne dovevo sapere e sapere di più di quello che ne sapevano gli altri su questa magnifica e tragica storia. Quindi dal 1985 mi sono impegnato alla storia di questo naufragio. Allora mi sono detto: perché non condividere, con il grande pubblico di internet, il risultato del mio lavoro? Ed è nata l’idea del sito web, di cui mi occupo sin dai primi anni 2000. Le mie ricerche non si sono mai fermate, il sito lo aggiorno e lo arricchisco continuamente. Penso di aver fatto un bel lavoro. E questo non lo dico per vanteria ma lo asseriscono i miei quasi mille visitatori giornalieri, visitatori di ogni angolo del mondo. Sono appunto grato a chi entra nel mio sito e mi dimostra affetto e stima, a chi mi scrive anche solo per darmi dei suggerimenti, che sono gli stimoli essenziali per un ricercatore. Ultimamente poi il mio lavoro ha riscosso l’interesse della Giunti De Vecchi che ha pubblicato il volume oggetto di questa presentazione.
Cosa non deve mai mancare nello scritto di uno scrittore, in particolare nello scritto di un saggio come il suo?
Purtroppo la gente normale e comune conosce del Titanic la sola storia fornita dai diversi film prodotti finora. Le è quasi sempre sconosciuta la conoscenza vera che può provenire solo da un testo ben documentato. E questo è un vero peccato perché così facendo si rischia di non capire quali sono i veri motivi ed i segreti che hanno causato guerre ed evoluzioni sociali che hanno prodotto la nostra storia. Per questo motivo continuo in questa mia ossessiva ricerca della verità. Ecco “verità” è la parola chiave.
Dal punto di vista strettamente formale com’è il suo stile nel libro? Ha utilizzato uno stile giornalistico o cronachistico? Oppure narrativo?
Tutto ma proprio tutto quello che è stato scritto nel libro è assolutamente documentabile da fonti certe: nulla è stato lasciato alla fantasia. Le fonti storiche sono tutte attendibili ed i documenti studiati sono quelli autentici dell’epoca.
Ripeto nulla di quello che ho scritto nel libro, è frutto di una mia invenzione e nulla è stato romanzato. Certo che delle leggende che leggeremo in fondo al volume potranno sembrare assurde, ma sono assolutamente quelle che all’epoca dei fatti giravano per bocca di tutti. Quindi è assoluto rigore storico e scientifico quello si trova nelle pagine del mio libro. Il tutto condito da uno stile giornalistico.
Quanto tempo ha impiegato per scrivere Titanic?
Il Titanic, e tutto quanto gli ruota attorno, è il mio pane quotidiano. Non smetto mai di ricercare ed indagare alla scoperta di nuove informazioni. Quindi non si può definire un periodo temporale, dico solamente che tutto è sempre oggetto di una continua evoluzione. Negli archivi giacciono ancora diversi documenti non ancora studiati: quindi ci sarebbe da scrivere ancora fiumi di inchiostro sull’argomento. Ovviamente ad un certo punto la pubblicazione deve avvenire ed allora stop, ma la storia continua, si potrebbe dire…
Il sottotitolo del suo libro così recita: Storia, leggende e superstizioni sul tragico primo e ultimo viaggio del gigante dei mari.
Ci può parlare di queste leggende, superstizioni e misteri intorno al Titanic, il gigante dei mari?
Di presentimenti, di premonizioni, di messaggi dell’occulto, il Titanic è tutto un fiorire, chiamiamole così, ma non è proprio il termine esatto, “leggende”, tutte che miravano a sostenere che il Titanic fosse in qualche modo un predestinato. Potrei stare qui pagine intere per citare tutte queste “storielle”, mi limiterò a raccontarne alcune. Partiamo già dal lontanissimo 1874, quando una poetessa americana Celia Thaxter scrisse un inno funebre inneggiando una nave che collideva con un iceberg; nel marzo 1886 un giornalista inglese, di nome William Stead, pubblicò un articolo in cui vi fu una notevole perdita di vite umane in mare, a causa della mancanza di un numero sufficiente di scialuppe di salvataggio. Poi, nel 1892, in un altro racconto lo stesso autore immaginò un naufragio in Atlantico, dove una nave della White Star Line, salvò i sopravvissuti di un’altra nave che entrò in collisione con un iceberg. Nonostante questo William Stead nell’aprile del 1912 prenotò un viaggio per partecipare a New York alla Conferenza della Pace. Stead salì a bordo del Titanic e qui trovò la morte.
Nel 1898 ossia 14 anni prima della tragedia del Titanic, uno scrittore americano, Morgan Robertson pubblicò un libro, “Futility”, in cui raccontò la storia di una grandissima nave passeggeri lunga più di 250 metri ed estremamente lussuosa, chiamata Titan e definita “inaffondabile”. Durante il suo viaggio inaugurale, partenza da New York arrivo in Inghilterra, ospitò passeggeri importanti, famosi ed estremamente ricchi. Arrivati a nord dell’Oceano Atlantico urtò un iceberg che la ferì mortalmente in una fredda notte d’aprile. Morirono circa 3.000 persone perché le scialuppe di salvataggio non furono sufficienti a mettere in salvo tutti i passeggeri: il problema delle poche scialuppe a bordo delle navi fu un problema già sentito. Una storia del tutto simile a quella del nostro Titanic.
Come si sa, l’ultimo fumaiolo del Titanic ebbe una funzione puramente estetica e funse solamente da condotto di ventilazione. Mai, avrebbe potuto espellere i fumi creati dal funzionamento delle caldaie. Se esaminiamo con una certa attenzione una fotografia, scattata da padre Frank Browne, passeggero del Titanic nella tratta da Southampton a Queenstown, l’11 aprile 1912, ad un attento esame la vista del quarto fumaiolo del Titanic presenta un punto nero situato al vertice del camino. Ma che cos’era? Durante lo scalo che il Titanic fece a Queenstown, un marinaio ebbe l’irragionevole idea di scalare la cima del quarto fumaiolo. Indubbiamente volle fare uno scherzo destinato a spaventare i passeggeri in procinto di imbarcarsi. Però la comparsa inattesa di questo signore con il viso coperto di fuliggine fu interpretata come una visione diabolica ed inquietante.
Non dimentichiamoci di un’altra storia altrettanto allettante che è legata alla presenza o meno di una mummia a bordo del Titanic, e che sarebbe stata all’origine di una presunta pazzia del Capitano Smith. Riferisco poi anche una frase pronunciata da un passeggero di prima classe, tale Charles Hays presidente della compagnia ferroviaria canadese. Egli ebbe a dire che la White Star Line, la Cunard, e l’Hamburg-American, nella lotta per la supremazia, ora stanno cercando di ottenere le più lussuose attrezzature per le loro navi; ma presto ciò porterà al più grande e più spaventoso di tutti i disastri in mare. Di certo è che anch’egli fu un passeggero di prima classe sul Titanic e morì in quella fatidica notte.
Non starò qui ad annoiarvi nel dirvi che diverse altre persone avvertirono strani messaggi nei giorni antecedenti alla tragedia ma ricordo, a puro titolo statistico 24 disertori e 55 passeggeri, tra cui il principale finanziatore del Titanic John Pierpont Morgan, annullarono la loro prenotazione.
Preferisce scrivere a penna o al PC?
La cara vecchia ed adorata stilografica, ormai la uso solo per gli appunti e garantisco che ne faccio largo uso. Però ormai, se debbo scrivere testi, siano essi articoli piuttosto che relazioni per le mie conferenze, il computer è l’oggetto prediletto: vuoi mettere il confronto e la duttilità dello strumento computer con la macchina da scrivere?
Quali esperienze sono state per lei più significative per la sua attività di giornalista e di studioso del Titanic?
L’aver frequentato gli archivi inglesi, americani e canadesi è stata un’esperienza unica. Ma sicuramente l’aver conosciuto i discendenti delle vittime (o dei passeggeri sopravvissuti) è stato qualcosa di toccante: sembrava di essere lì a vivere anche noi quell’immane tragedia!
Come ha organizzato la scrittura del libro, ci sono state delle fasi?
L’avere un sito internet strutturato con una certa logica (cronologica) mi ha indubbiamente agevolato nella stesura del libro. È stato un esame piacevole il confronto quotidiano con la mia editor nell’impaginazione e nella stesura dei “medaglioni” che contraddistinguono l’opera. Per non parlare poi della ricerca iconografica delle immagini. Sul web basta un “copia-incolla”: poterle pubblicare in un’edizione cartacea non è affatto così semplice per via delle royalties.
Lei ha un passato di giornalista, ce ne può parlare?
Ho iniziato giovanissimo a scrivere per la carta stampata. Una “missione” nata in me già nell’adolescenza. Ero troppo curioso per accontentarmi di conoscere i fatti solo per averli letti: ne volevo approfondire.
Cosa l’ha spinto a voler pubblicare il suo lavoro sul Titanic? Come si è trovato con De Vecchi? Perché ha scelto questa casa editrice?
Parto da quest’ultima domanda: sono stato contattato dalla casa editrice che ha “fiutato” l’affare commerciale del 2012, visto la ricorrenza del centenario. Per me invece vedere che il mio lavoro ha riscosso l’interesse della Giunti De Vecchi e vedere nelle librerie di tutta Italia, ed anche all’estero, il volume oggetto di questa presentazione, è un sogno che si è realizzato.
Per il nostro sito è un grande onore che lei abbia deciso, con tutti gli impegni che avrà, di rilasciarmi questa intervista, a me che non sono un giornalista, bensì un autore di poesie e aforismi.
Ci parli delle varie conferenze che ha tenuto sulla tragica vicenda del Titanic in giro per l’Italia. Dove ha ricevuto maggiori soddisfazioni?
Testimoni voi che per poter rilasciare questa intervista avete dovuto attendere… proprio a causa della mia attività di conferenziere. Con le mie conferenze ho girato diverse località italiane ed anche straniere. Posso onestamente confidare che nei centri dove c’era il personaggio che era a bordo, la cosa ha suscitato maggiori riscontri in termini di partecipazione del pubblico. Comunque la soddisfazione maggiore personalmente è quando vedo, noto e riscontro la partecipazione delle persone al dibattito al termine della mia relazione. È qui che viene fuori la vera “anima” della conferenza: la voglia di sapere!
Qual è la sua opinione sulla trasposizione cinematografica della tragica vicenda del Titanic, effettuata dal regista James Cameron nel 1997?
James Cameron ha fatto qualcosa che dire grandioso è puro eufemismo: lui ha avuto diverse “agevolazioni”. Aver “vissuto” con il Titanic (essendo sceso più volte al relitto) e soprattutto di essersi avvalso di studi molto più approfonditi rispetto ai colleghi che lo hanno preceduto, lo hanno indubbiamente aiutato. Certo che qualche libertà poetica se l’è concessa… Per molti giovani il Titanic è il film di Cameron, non la nave che è affondata oltre un secolo fa!
Ci parli dei tanti italiani imbarcatisi sul Titanic, con la speranza di una vita migliore in America.
Della maggioranza dei nostri 37 connazionali passeggeri e non che erano a bordo sappiamo di certo che erano già da qualche tempo emigrati in Inghilterra e, per cercare di guadagnarsi la “pagnotta”, ad un certo punto della loro esistenza, avevano sentito forte l’attrattiva di potersi fare una nuova vita in America; altri avevano visto nell’ingaggio per lavorare a bordo del Titanic una fonte di guadagno e di prestigio. Di alcuni di questi nostri italiani non c’è rimasta neanche una fotografia ed, in certi casi, non una tomba dove i familiari potessero deporre un fiore o recitare una misera preghiera di suffragio. Come anche nel caso della maggioranza di tante altre persone, i loro corpi non furono recuperati e se questo avvenne non furono mai identificati. La loro scomparsa, non è certo stata catalogata “eroica” dalla storia, ma è pur sempre la storia di uno di noi, di persone come tutti, che saranno sempre nel cuore dei propri familiari.
Recentemente è stato messo all’asta il violino, suonato dal direttore della piccola orchestra del Titanic per novecentomila sterline, oltre un milione di euro. Cosa pensa di questa vicenda?
E ci parli di Wallace Hartley, di questo direttore che, secondo le cronache, ha suonato il suo violino fino alla fine, anche al momento dell’affondamento.
Wallace Henry Hartley fu il violinista ed il capo degli otto orchestrali a bordo del Titanic. Hartley dapprima si mostrò titubante nell’accettare l’incarico, poi optò favorevolmente in previsione di futuri remunerativi contratti. Dopo che il Titanic colpì l’iceberg e cominciò ad affondare, Hartley ed i suoi colleghi iniziarono a suonare per far sì che i passeggeri affrontassero il tragico momento con calma e senza panico. Molti dei superstiti testimoniarono che l’orchestra continuò a suonare fino alla fine. Nessuno dei membri musicali sopravvisse e la storia del loro eroico comportamento si trasformò in leggenda popolare. Il corpo di Hartley venne recuperato dal Mackay Bennett e fu contrassegnato dal numero 224. Il 14 marzo 2013, a distanza di più di cento anni dall’affondamento del Titanic e dopo sette lunghi anni di analisi, perizie e ricerche, è stato ufficialmente annunciato, che un violino (recuperato dopo 10 giorni dal naufragio e custodito in una valigia recante le iniziali WHH) era effettivamente appartenuto al direttore d’orchestra Hartley, l’indizio principale che ha permesso di individuarne il legittimo proprietario è una targa d’argento, recante un’incisione con dedica da parte di Maria, la fidanzata di Wallace. Chi ha messo mano al prezioso reperto, ha fatto notare il buono stato di conservazione dello strumento, che presenta solamente dei piccoli segni dovuti all’umidità: la sacca in cuoio dove era custodito lo ha preservato dapprima dall’acqua e poi dal tempo. Personalmente sono dell’avviso che questo violino non fu quello che Wallace Hartley suonò a bordo del Titanic in quanto questo strumento non fu mai recuperato dall’Oceano. Informazioni precise a riguardo infatti si possono trovare sulla lista degli effetti personali trovati indosso al corpo dello sventurato musicista. Leggendo l’elenco degli oggetti trovati con il corpo di Hartley, questo comprende una penna stilografica, un anello, un portasigarette e delle monete ma non c’è assolutamente menzione di una valigia in pelle e men che meno di un violino. Pertanto il violino in questione fu appartenuto indubbiamente al musicista ma questo strumento non era sicuramente quello del Titanic. Sono fresco reduce da una conferenza, tenutasi all’Istituto di Istruzione Superiore “Antonio Stradivari” di Cremona, ed autorevoli personaggi hanno fatto rilevare delle osservazioni a fronte di “cattiva stampa”. Per farla breve, appare incredibile come un violino si possa essere così ben preservato dopo tanto tempo trascorso in acqua, e nella fattispecie nelle gelide, ma soprattutto, salate acque dell’Atlantico. Questo strumento musicale si sarebbe sicuramente disintegrato o quanto meno “scollato” nei suoi componenti.
Qual è il suo rapporto con la poesia? Le piace, la legge? Quali sono i suoi generi di lettura preferiti? Ha un libro del cuore?
Debbo candidamente confessare che la poesia non riscuote il mio interesse: comunque non la disdegno, è un’arte anche quella. Premesso che leggo di tutto ho una predilizione particolare per libri che trattano l’argomento della Prima Guerra Mondiale, Napoleone (è un personaggio che ammiro per la sua cultura), mi piacciono molto i libri che hanno come comune denominatore i ghiacci (ecco quindi le esplorazioni polari piuttosto che le grandi imprese degli scalatori). Possiedo l’intera raccolta degli scritti di Agatha Christie e di Sir Arthur Conan Doyle (ed ecco Sherlock Holmes, altro personaggio a me caro). È da bambino che colleziono, quindi leggo, il fumetto Diabolik, il leggendario re del terrore.
C’è un genere di libri che non leggerebbe mai e perché?
A priori non scarto nessuna opera letteraria di alcun genere che essa sia, se proprio mi debbo pronunciare forse è il genere fantascientifico che non attira proprio la mia attenzione.
Ama la sua terra, la sua regione o vorrebbe vivere altrove?
Ho origini piemontesi, il nonno paterno (e tutti i miei avi precedenti) arrivano dalla Valsesia, una zona di montagna alle pendici del Monte Rosa. Lì è la mia ubicazione ideale: tra la quiete dei monti ed il verde lussureggiante e rigoglioso della natura. Non per nulla ho casa anche in loco. È il mio eremo!
Ha un sogno nel cassetto?
Come disse qualcuno, non ricordo chi, i sogni nel cassetto fanno la muffa. Preferisco, al limite del possibile, realizzarli. Sono portato al concreto.
Cosa pensa dell’attuale panorama editoriale italiano?
Premesso che sono la persona meno indicata per rispondere a questa domanda, mi sento di affermare che girando per le librerie ho notato, e non solo io, che il mercato editoriale italiano risente fortemente della recessione economica di questi ultimi anni. Certo che poter riportare i libri in casa di milioni di italiani sarebbe una bella cosa: vuoi mettere il fascino della lettura sfogliando, quindi “vivendo”, un libro piuttosto che un ebook?
Cosa pensa dei premi letterari, pensa siano importanti e necessari per un autore?
Penso che sia un fenomeno da baraccone: le case editrici sanno già… è tutto telecomandato.
Quanto è importante per lei il confronto con altri autori e studiosi sul Titanic?
Indubbiamente è qualcosa di stimolante. Conosco diversi amici storici, inglesi, americani e francesi che si sono cimentati nell’argomento ed ogni qualvolta emergono dettagli sempre affascinanti da sviluppare.
Ci sono dei consigli che vorrebbe dare a chi si accosta per la prima volta alla scrittura di saggi storici o alla carriera di giornalista?
Essere se stessi con idee chiare e non fermarsi mai davanti ad ostacoli (burocrazia) che a prima vista appaiono insormontabili.
Cosa pensa delle scuole di scrittura?
Onestamente non so fino a che punto possano servire: ognuno ha già nel proprio DNA il proprio stile. Se possono aiutare a sviluppare e migliorare lo stile ben vengano, però alla base di tutto ci sei tu.
Vuole anticiparci qualcosa su quello che sta scrivendo, prossime pubblicazioni?
Io sono riconosciuto tra i più qualificati storici italiani del Titanic, quindi il Titanic è sempre il mio cavallo di battaglia. Sono in parola con due case editrici per nuovi risvolti di questa vicenda: ovviamente non posso anticipare i temi per non bruciare le mie carte!
A cura di Emanuele Marcuccio