Intervista di Marco Nuzzo a Victor Poletti
Per Vetrina delle Emozioni su consiglio di Gioia Lomasti, ho intervistato Victor Poletti, pantomimo, attore, sceneggiatore e scrittore. Ha lavorato con registi del calibro di Federico Fellini, Istvan Szabo e Luigi Comencini; ma vediamo di conoscere Victor da vicino.
Un benvenuto, Victor. Innanzitutto ti ringrazio per la preferenza accordataci. Parliamo un po’ di te. A che età comincia a svilupparsi la passione per il cinema e cosa ti spinge a intraprendere la carriera di teatro e poi quella cinematografica?
Da ragazzo sono stato in collegio ed ero sempre al centro dell’attenzione imitando gli attori dell’epoca. Nasceva così in me la passione del cinema. Organizzavo tra i miei coetanei recite teatrali. Dai 20 anni in poi stavo per ore ed ore sui set cinematografici che arrivavano nella mia città, Parma. Cominciai a fare la comparsa e a respirare aria di set finché un giorno mi affidarono un piccolo ruolo…
Cosa vuol dire per te recitare?
Per me recitare vuol dire mettermi alla prova e fare uscire dal me medesimo la vasta gamma di recitazione che ho studiato sui marciapiedi della mia gavetta.

Victor Poletti con il Maestro Comencini
Da chi è stato scoperto Victor Poletti?
Victor Poletti è stato scoperto da un regista dal nome Pino Tosini col quale girai nella zona di Parma tre film affidandomi dei piccoli ruoli, i titoli “La casa delle mele mature”, “I racconti di Pietro l’aretino” e “Bocche cucite”.
In che modo è avvenuto l’incontro con Federico Fellini? E con gli altri?
Federico Fellini mi fece chiamare dalla sua assistente perché vide la mia foto sull’albo degli attori. Mi invitò a Cinecittà, nel suo studio al Teatro 5, mi fece accomodare nel suo ufficio ed intimorito notai in un pannello dietro alla sua poltrona, le foto degli attori protagonisti del film e tra quelle, in formato 18×24 c’era pure la mia. Mi disse: “caro Polettone, qui c’è da mangiare, cantare e stare con delle belle donne”. A quel punto mi uscì la battuta più ovvia che mi potesse capitare “Maestro è quello che faccio tutti i giorni”. Chiamò il costumista “premio Oscar” Piero Tosi e l’organizzatore Pietro Notarianni, già produttore del Gattopardo. Mi fecero tosare, truccare e mi portarono al suo cospetto. Lui, guardandomi, disse ai due: “È lui!”; così firmai il contratto. Da allora ne divenni amico e pupillo inseparabile.
Per gli altri registi, esisteva nell’aria un rumor: si diceva che c’era in giro un bravo attore; fui contattato dal meglio del cinema italiano.

Con il Maestro Federico Fellini sul set di “E la nave va”
Chi di loro ti ha lasciato l’impronta più profonda e indelebile? Perché?
Ognuno di loro mi ha lasciato un qualcosa di diverso ma di talmente utile per farmi diventare un buon attore. Stranamente riesco a ricordare i più famosi, mentre i minori provavano un po’ di imbarazzo nel dirigermi, citandomi spesso la differenza dell’aver recitato con Federico Fellini. L’unico regista col quale ci siamo scambiati la promessa di un prosieguo artistico e stato Pupi Avati.
Qual è stato – tra quelli in cui hai recitato – il film più riuscito?
Devo dire che quando hai recitato in un film e lo rivedi nel doppiaggio o nelle sale, la delusione è grande, anche perché pensi che avresti potuto fare molto meglio. La delusione ancor più grande è quando ti sono state tagliate delle scene, perché il tuo personaggio sovrastava quello degli altri. Comunque ho sempre pensato che l’essere insoddisfatti è un motivo per volersi migliorare.
Sono perfettamente d’accordo, un artista non è mai pienamente soddisfatto della propria opera. Victor è anche scrittore e sceneggiatore. Ci parleresti più nel particolare del rapporto che hai con la scrittura? Cosa vuol dire per te scrivere? Si scrive per se stessi o per gli altri?
Io nasco come soggettista, come uno che scrive delle trame cinematografiche, non sono una persona molto acculturata, sono solo uno che ha od aveva migliaia di idee. Mi sento di assomigliare molto a Charles Bukowski e come lui ho un atteggiamento anticonformista verso la letteratura. Mi son preso una scusa molto plausibile e mi son trovato la scusa adatta che dice: ”non cerco mai di migliorarmi o di imparare qualcosa, rimango esattamente come sono”. Non sono uno che impara, sono uno che evita. Non ho voglia di imparare, mi sento perfettamente normale. Praticamente ho capito che devo parlare delle sensazioni che ho avuto in questi anni e della cultura acquisita nel mio periodo e non voglio studiare di più per diventare un ingegnere nucleare.
Hai anche scritto un libro, dal titolo: Un angelo blu, presentandolo come “il film che non hai mai girato”. Ti andrebbe di parlarcene?
Il titolo è “Un angelo blu il film che non ho mai girato”, questo perché il romanzo è stato estrapolato da una mia sceneggiatura di cui è mia intenzione farne la regia. Visto che il cinema italiano è impegnato a produrre cavolate e non riuscendo a trovare la produzione adatta, purché non andasse persa la storia, ne ho scritto il romanzo. (allego scheda e soggetto del libro/film).
Ecco, infatti volevo arrivarci con la prossima domanda: come vedi il cinema italiano emergente, a fronte di una TV ormai svisata dai costumi di una società smorta?
Lo vedo male perché guardo film e telefilm su Sky. Non resisto più a vedere film italiani con gli stessi personaggi che recitano in tutti i film.
>Come ritieni la cultura nel nostro Paese? Pensi che i giovani, oggi, siano ancora propensi ad inseguire il sogno di fare gli attori? Reputi che esista ancora gente capace di affidarsi alle proprie percezioni e sensazioni?
Il mio disgusto è quello di vedere attori che vengono da reality e che vengono utilizzati solo perché conosciuti televisivamente, ma io il cinema lo considero un premio per quelli che hanno fatto l’accademia ed hanno studiato profondamente od al limite attori presi dalla strada, come il neorealismo di una volta. Ed io è quello che farò, facendo un sacco di provini anche a ragazzi che leggendo il mio romanzo si identificassero nei personaggi. Ci saranno solo alcuni camei di attori famosi bravissimi, dimenticati dal cinema italiano.
Ti piace leggere? Che tipo di letture preferisci?
A proposito di questo, sono una persona molto pigra, ho letto alcuni libri per capire che orientamenti letterali propone il mercato, ma nulla di più.
Quale genere non leggeresti mai?
Non leggerei mai libri d’amore, di fantascienza e di argomenti religiosi.
E i tuoi film preferiti?
I miei film preferiti tra quelli italiani sono stati: “Amarcord” di Federico Fellini, “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, “Gita Scolastica” di Pupi Avati e “La notte di S.Lorenzo” dei F.lli Taviani. Altrimenti guardo solo film polizieschi e drammatici e prediligo location di altre nazioni.
Chi è Victor Poletti nel quotidiano?
Nel quotidiano, si alza tutte le mattine, si guarda intorno, dice a se stesso che potrebbe starsene a letto, che da mangiare ce n’è anche per oggi (grazie alla sua gentilissima famiglia), ma poi si alza e comincia a combattere contro la burocrazia, contro i coglioni, contro le caste, contro il nepotismo, contro i nemici della meritocrazia e alla sera, conscio di aver perso, per colpa di altri che non vogliono intendere, un’altra occasione, aspetta il domani per rifare la stessa cosa. Ma nel frattempo sta maturando il titolo del mio prossimo libro che il mio editore aspetta a braccia aperte: “VENDICATEMI”, dove tutti coloro che volontariamente o involontariamente hanno precluso ogni legittima possibilità ad altri, subiranno la stessa sorte. Che sia di monito per un futuro rinnovamento. Spero solo di avere voglia di scriverlo e di tornare ad avere fame come una volta.
Una parte in un film che avresti voluto recitare?
Non vorrei dirtelo ma te lo dirò “Regalo di Natale” di Pupi Avati, nella parte che fu di Abatantuono gabbato nel gioco. Oppure “Fuga di mezzanotte” nella parte che fu di Paul Smith.
Hai un attore preferito?
In Italia Giancarlo Giannini, stranieri Robert De Niro, Dustin Hoffman, Al Pacino… e dovessi scegliere di fare un film mi piacerebbe lavorare col regista francese Luc Besson.
Ottima scelta! Ti ringrazio per la disponibilità, Victor. Ti faccio tanti auguri e complimenti per la tua splendida carriera. Spero di averti ancora tra di noi, ne saremmo onorati. Ad maiora!
Pertanto colgo l’occasione, caro amico, per informare chi legge, se è un produttore o è una produzione stessa, della mia disponibilità nell’inviargli la sceneggiatura, ricordandogli che la mia regia è un’opera prima e viene dalla scuola di grandissimi registi, in primis “Federico Fellini”, e questo nel mondo è molto apprezzato.
FILMOGRAFIA VICTOR POLETTI:
ANCHE LEI FUMAVA IL SIGARO (regia A.Di Robilant, con M.Donadoni e A.Haber)
BACIAMI STREGA (regia D.Tessari, con I.Peynado, L.Coppelli e P. Le Roi)
BOCCHE CUCITE (regia P.Tosini, con L.Castel)
CUORE (regia Luigi Comencini, con J. Dorelli e G. De Sio)
E LA NAVE VA… (regia Federico Fellini, con F. Jones e B.Jefford)
FIORI DI ZUCCA (regia S.Pomicia, con M.Ciavarro e M.Suma)
I CAVALIERI CHE FECERO L’IMPRESA ( regia Pupi Avati, con Raul Bova)
I PROMESSI SPOSI (regia S.Nocita, con A.Sordi, F. Nero, D.Queen e B.Lancaster)
IL BISBETICO DOMATO (regia Castellani e Pipolo, con A. Celentano)
INVESTIGATORI D’ITALIA (regia Paolo Poeti)
L’ONOREVOLE CON L’AMANTE SOTTO IL LETTO (con L.Banfi, A.Vitali e G.Reider)
LA STORIA (regia Luigi Comencini, con C. Cardinale)
LA CASA DELLE MELE MATURE (regia P.Tosini, con N.Macchiavelli e G.Macchia)
OMBRE (regia Cinzia T.H.Torrini, con S. Rocca e T.Moretti)
OMBRE DEL PASSATO (regia di Herard)
PADRE LINO – FRATE LADRO (regia P.Tosini, con G.Gavina)
RACCONTI ROMANI DI UNA EX NOVIZIA (regia P.Tosini, con G. Cervi e P.Carlini)
TANGO BLU (regia A.Bevilacqua, con M.Merli e F.Franchi)
TENTAZIONE DI VENERE (regia Istvan Szabo, con Glenn Close)
TIFOSI (regia Neri Parenti, con Diego Abatantuono, Boldi, De Sica, Mattioli)
UNA FURTIVA LACRIMA (regia R.Sesani, con A. Mazzamauro)
ZANA (regia D.Alviani, con D.Mc Vicar)
ZOO (regia C.Comencini, con Asia Argento)
Ciao, grande Vittorio Poletti. Non sei stato solo un attore. Sei stato uno dei più grandi interpreti di un cinema d’autore che, lavorando al fianco di registi del calibro di Fellini, di Szabo, di Comencini, di Avati, ha saputo valorizzare l’italianità nel mondo. Con te se ne va una pietra miliare. È stato un onore poterti conoscere, intervistare e ridere con le tue strepitose barzellette, qui su Facebook. È dunque giunto il momento del commiato. Si chiuda il sipario. Riposa in pace, immenso Victor! Sentite condoglianze alla famiglia da parte mia, di Gioia Lomasti, Marcello Lombardo e da tutto lo staff di Vetrina delle Emozioni. (Marco Nuzzo)
Link per Victor Poletti:
www.facebook.com/vittorio.poletti
Un Angelo Blu Il Film Che Non Ho Mai Girato Graus Editore 2011
Scheda del libro: UN ANGELO BLU – di Victor Poletti
“UN ANGELO BLU” è la storia di un gruppo di giovani di eterogenea estrazione che, vivendo la propria esperienza universitaria nella realtà emiliana del ’68, si trova a doversi confrontare, anch’esso, con i significati che quell’anno ha espresso per il mondo intero, valori e avvenimenti che lasceranno tracce indelebili, pur non coinvolgendo a pieno i nostri protagonisti, che vivono il loro presente, inconsapevoli di quello che per altri era il profondo ideale per cui si riteneva legittima la contestazione.
La loro giovane età, li trascina nella goliardia dell’adolescenza che si sviluppa in opposizione alla serietà degli eventi che sconvolgono l’epoca vissuta: dagli avvenimenti politici alla guerra in Vietnam, dall’assassinio di Martin Luther King alla rivoluzione culturale, dalla liberalizzazione dell’amore alle innumerevoli contestazioni…
I ragazzi della nostra storia assistono a queste vicende che fanno da sfondo al loro crescere, abituandovisi e senza mai comprendere a pieno gli aspetti così diversi e talvolta profondi di un periodo di così grandi e radicali cambiamenti, di un anno in cui le contestazioni giovanili hanno decretato una frattura generazionale e l’introduzione di usi e costumi tutt’ora in parte condivisi.
Le loro giornate si riempiono di musica, strumento di libera espressione dei sentimenti e svago dilettoso: la musica rappresenta uno dei temi principali su cui è costruita la narrazione attorno al gruppo; essa diviene l’unica sicurezza, punto di riferimento, valore che vale la pena tramandare alle postere generazioni, strumento di uscita da quelle sacche di cultura medievale ancora presenti nella realtà campestre.
È il periodo in cui hanno vita una miriade di gruppi musicali, in particolare nelle periferie delle città emiliane, che si trasformano in fucine d’artisti, pronte a sfornarne parecchi, anche importanti. Tali gruppi, con le loro tradizioni e la loro carica di vitalità, diventano i trascinatori dei giovani, sono presi a modello per diffondere quella che è stata la beat generation.
I padri dei nostri giovani protagonisti sono in gran parte coloro che hanno vissuto il triste periodo bellico, che lavorano nel bel mezzo del boom economico, impegnati con innumerevoli sacrifici a mantenere le proprie famiglie.
Tutto ciò è “UN ANGELO BLU”: amore, musica, divertimento, ingiustizie, sullo sfondo di un periodo di contestazione e forte rinnovamento (il ‘68), che ha lasciato una traccia importante nella nostra vita, abituando gradualmente la gente a convivere con tutte le innovazioni, aiutandola a non dimenticare che l’unico vincitore è e sarà sempre l’amore, accompagnandola con un’indelebile colonna sonora.
Questo film, nonostante la volontà sia quella di non perdere l’obiettivo culturale, si sviluppa in primis attorno alle relazioni affettive tra i giovani protagonisti, ai forti sentimenti, alle esperienze in cui i ragazzi imparano a conoscere se stessi, alla loro goliardia, figlia sempre più dei un evidente processo di liberalizzazione culturale.
Il meccanismo voluto e ricercato di descrizione dell’ambiente, delle situazioni e degli avvenimenti è finalizzato alla creazione di un’atmosfera che riproduca la realtà dell’epoca e la tipicità di una zona, animata da gente semplice, abituata ad esprimersi in modo più efficace attraverso le azioni rispetto che con l’uso di parole che spesso si perdono nel vento.
Il ’68 è l‘anno di grandi avvenimenti che questo film non vuole raccontare, promuovere o denunciare; esso si limita a ricordare, di quel periodo, un gruppo di persone che hanno vissuto un evento, una storia che come tante altre ci segnala la varietà di una situazione, l’inopportunità di generalizzare i comportamenti di una fascia di popolazione, rivolgendo il pensiero a coloro che non concepiscono un momento come il resto della gente, o per lo meno sono incapaci di attribuirgli grande importanza, continuando a curare i valori personali e le tradizioni inattaccabili.
Il risultato di un’indagine promossa su scala regionale ha evidenziato quelle che sono le esigenze di un pubblico di cinespettatori, confermando i contenuti e gli obiettivi che tale film si è proposto di raggiungere. Il target a cui si rivolge l’opera coinvolge più del 70 per cento del totale dei frequentanti le sale cinematografiche. Ad essi corrispondono la volontà di assistere e immedesimarsi in storie d’amore, di sorridere a situazioni ironiche o imbarazzanti, di farsi suggestionare da particolari atmosfere, di commuoversi e trarre insegnamenti da quanto visto.
La storia si ripete, le contestazioni continuano nelle piazze a torto o a ragione, spesso sono violente e finiscono per essere luttuose, hanno diviso e continuano a farlo. Possibile che la storia non abbia insegnato niente?
A cura di Marco Nuzzo