Recensione dell’opera Anime di Gioia Lomasti e Marco Nuzzo di Ninnj Di Stefano Busà
Info e Ordini
Emblematica opera che reca in sé le suggestioni, le emozioni, i referenti di due anime in una sequenza d’incontri che, dall’invenzione e dalle immagini prendono lo spunto per sempre nuovi itinerari.
Sono due giovani testimonianze non nuove all’arte della scrittura. Nuzzo ha pubblicato diversi volumi, ha avuto riconoscimenti anche all’estero dove ha collaborato con un reading per la poesia a livello mondiale, e incluso nelle raccolte dell’Università di Stanford (California), mentre Gioia Lomasti ha realizzato molti lavori culturali e cura le puntate per radio web Sonora in <Vetrina delle emozioni>, e nel blog unito al sito vetrinadelleemozioni.com ha introdotto anche la pittura, grazie all’espressività di numerosi autori tra cui molti artisti. Anche la Lomasti ha conseguito molti premi e riconoscimenti per i suoi meriti letterari.
Per tornare alla loro poesia essa è carica di suggestioni e si evidenzia per la particolare pregnanza lirica e il tono decisamente simbolico del linguaggio.
Vi è in questi due autori, una vena ispirativa che li accomuna. Entrambi subiscono il fascino della trasfigurazione verbale che li porta ad essere in sintonia d’intenti, anche se il linguaggio si differenzia tra loro.
Il bosco degli opposti ne è un esemplare evidente: “Ogni dove è tra le linee di confine,/ preordinato all’infango/…/ noti subito il bosco degli opposti…subisco l’aria,/arreso a questi verbi di caduta…”
Una poesia che sa gestire la parola con tono confidenziale ma notevole afflato. Un canto il loro che presuppone una creazione semantica di notevole spessore artistico, un linguismo che senza essere modernista ad oltranza, sa trovare le vie recondite per giungere al cuore del lettore, per farsi scudo e corteccia dolorante, “qualcosa” che sa toccare i sentimenti e lasciare traccia in chi legge.
E’ una poesia che percepisce il dolore, la sofferenza, il disagio, ma non ne fa vessillo, poiché la passione e la speranza li stemperano come l’acqua la sete.
Non è poesia come tanta, è diversa, si tratta di una poesia che ha attraversato tutto il novecento letterario, senza perdere lo smalto iniziale appassionato e sincero dell’elaborazione memoriale. La cadenza è armoniosa, si avvale d’infinite sfumature e parecchi ritmi che mantengono un’orchestrazione sintattica e una loro personale energia. Si tratta di poesia itinerante che rilascia tracce al suo passare e intreccia episodi di vita, di lacrime, di desideri; si fa carne nelle promesse non mantenute, negli episodi mancati, negli appuntamenti che sensibilizzano l’anima senza disperante spaesamento, senza rifiuto emotivo, poiché ogni fuga da se stessi è motivo di poesia, è l’inevitabile raccolta dei dati poetici ne hanno caratterizzato e acuito la sensibilità.
La differenza tra i due autori è d’obbligo, mentre Lomasti è diretta, concisa, lineare, Nuzzo naviga in una ricerca espressiva più elaborata, più articolata e tonale, si avvale spesso di neologismi, costruisce reticolati più complessi, enigmatici, dove può essere piacevole perdersi, per poi ritrovarsi, mai svilito e smarrito, ma profondamente umano e personale, con una parola rivelatrice di tensioni e affanni, ma sempre viva e trasfigurativa che riesce a sondare terreni aridi e duri per addivenire all’equilibrio semantico di un’interiorità ricca di passione e di evocativi richiami.
Le due personalità sono similari, riescono a differenziarsi nell’invenzione dei simboli, a rifondersi e rimodularsi nella scena della vita che li vede entrambi interpretare la scrittura come un –bene- che il lirismo conserva, senza sprofondare in avanguardismi che sono superati e obsoleti.
I due artisti si mostrano come due facce della stessa medaglia, ma opposti nell’estro ispirativo, profondamente e tecnicamente variegati nel racconto interiore, – due anime, insomma, nutrite dalla stessa grazia, sì, ma con simbolismi che li determinano in modo del tutto personale e scaltrito, come scaltrita da differenti metafore di sensi, appare la loro scrittura che ne sintetizza l’effetto interiore, la sensibilità, il tono, e ne impreziosisce le memorie, le parvenze, i sogni, che liberati ognuno dal loro involucro, sanno volare alto e inseguire spazi e sensazioni di libertà, oltre l’immaginabile.
A cura di Ninnj Di Stefano Busà