THE ART OF THE WIND di Chiara Taormina

Esce il 13 gennaio 2017 THE ART OF THE WIND di Chiara Taormina – Opera a cura di Gioia Lomasti e Marcello Lombardo – immagine di copertina a cura di Davide Ceccon ISBN 978-88-6682-823-5
Haiku italiano – inglese

Haiku e dintorni
A cura di Fabrizio Corselli

La grande capacità di uno haijin (“poeta”) è di esprimere la propria comunione con la Natura e il proprio sentimento attraverso immagini profonde e dense di significato. Immagini che condividono con la poesia, in generale, la medesima virtù: dire in poco spazio più di quanto riesca a farlo un testo prosastico. Ma tale genere non si limita soltanto a una specifica spazialità, poiché quella dello haiku è una poetica sospesa oltre il tempo, in grado di congelare un dato fenomeno in un preciso istante, così come avviene per la fotografia, caricandosi di una forte componente concettuale e simbolica.
Una poesia che, a dispetto della sua intima unione con la Natura, tiene invece in gran considerazione la quotidianità, esprimendone i profondi aspetti poetici e ricercandone la bellezza nelle cose più semplici e ovvie. Tutto questo in un piccolissimo spazio poetico di diciassette sillabe, suddivise in tre ku (equivalente del verso), rispettivamente di 5/7/5.

Il poeta sviluppa una nuova capacità di ascolto delle cose che lo attorniano, egli entra con loro in risonanza, imprime nell’eco della propria anima il suono di ogni elemento, facendo così del riverbero la linea essenziale per il proprio atto compositivo. Spinge la sua sensibilità verso gli estremi dell’esistenza, la vita e la morte (in quanto processi indispensabili), annoverando all’interno di questo arco figurale gli aspetti positivi e negativi dell’esperienza. Una componente, quindi non solo linguistica, che fa parte dell’atteggiamento tipicamente giapponese nei confronti della Natura e che rende lo haiku uno degli elementi costitutivi del senso di appartenenza alla cultura nipponica. Pertanto lo haijin spazia dalla fioritura del ciliegio, dall’animosità delle feste alla caduta delle foglie, fino a giungere alla sepolcralità della nebbia d’inverno, o all’alito della morte che s’aggira fra gli alberi spogli d’autunno. Il tutto sempre filtrato da una visione fanciullesca, leggera, mai confusa con il mero termine di “superficialità” e che, in forza di ciò, trasforma il cinguettio di un uccello, il dibattere di un pesce controcorrente, il polline trasportato dalla brezza nei tratti essenziali per la creatività del poeta. Si citano, per l’appunto, alcuni esempi dalla raccolta:

il sole alto
la rugiada asciuga
l’ultima goccia

oppure

ride la luna
specchiandosi nel fiume
fiaba notturna

e ancora

flebile luce
le prime foglie gialle
qui nell’anima

Chiara Taormina, all’interno di quest’ottica, rimane pur sempre fedele ai canoni estetici di tale genere, per quanto si possa parlare di vera e propria aderenza poetica, in quanto lo haiku occidentale rappresenta pur sempre una forma, per così dire, traslata, modellata a forza, artificiosa e artificiale allo stesso tempo. Ciò che, invece, si evidenzia con grande cura è la presenza degli stati fondamentali dell’essere, intrecciati fra di loro in un continuo riverbero ciclico in cui entrano ed escono dalla moltitudine di testi poetici contenuti nella raccolta. Il Sabi, la quiete, la pace che promuove il distacco dalle cose, ma senza dolore o rimpianto fa da sostrato all’intero impianto poetico, affiancato dalla presenza dello Yugen, il mistero, quella insondabile profondità che allude all’ignoto, a una bellezza che si cela dietro le cose, il meravigliarsi, senza dimenticare l’Aware, la fuggevolezza, la caducità delle cose, il tempo che scorre, di conseguenza una nostalgia intensa, un rimpianto che riattiva l’eterno ciclo dei ricordi, del sentimento passato che rivive attraverso di essi. Ecco, a seguire, altri esempi:

il sole muore
l’orizzonte vacilla
come un miraggio

o

l’ultima goccia
nel mezzo dell’autunno
torna il sereno

Altro elemento che è possibile scorgere, e apprezzare, è l’aderenza al concetto di spazio (“Ma”), non sempre però, in cui l’io del poeta e la realtà circostante, in questo caso la Natura, si fondono in un’unica entità. Una fusione che non viene operata in modo palese, ma che ritrova la sua unità (strutturale e del creato) in quella bellezza che prescinde da ogni dimensione e che, come tale, non può essere espressa tramite un processo descrittivo o rappresentativo in senso stretto. Una bellezza “assoluta” (priva di ogni giudizio) che ritrova la propria unità nell’inespresso, in quell’ansa concettuale che deriva da un procedimento ellittico, da una “mancanza”, un’assenza che si veste invero di pienezza semantica e che trascende i limiti del Tempo e della forma, ma soprattutto gli argini della parola. L’impersonalità del poeta qui raggiunge il suo massimo grado, non come negazione del soggetto, ma come un processo che statuisce l’immedesimazione dell’oggetto pensato con lo stesso soggetto pensante, diventano un tutt’uno. Alcuni esempi:

foglie cadute
nel pozzo delle brame
solo silenzio

o

fiori svaniti
la nebbia dell’inverno
li ha sepolti

In conclusione, una raccolta che ha il pregio di spaziare attraverso le concettualità estetiche della poesia giapponese con grande disinvoltura, senza scadere in eccessi iperbolici o di sciatteria stilistica (cercando di evitare, il meno possibile, di imprimere al testo una sintassi più vicina a quella nostra, così da risultare oltremisura un banale quanto risibile scimmiottamento del genere d’origine). Seppur non tutti gli esperimenti siano riusciti nell’intento, a Chiara Taormina va il merito di aver proceduto con determinazione, soprattutto nell’averci messo particolare attenzione e grande passione. In rapporto a ciò, i suoi haiku non risultano mere descrizioni paesaggistiche o semplici descrizioni, ma testi intrisi di quella vividità sensoriale che suggerisce come la poesia possa ancora essere espressione di un modo di vivere, di percepire le cose sentendosi parte del tutto (della Natura, in particolare).

 

The art of the wind

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