Intervista di Alessandro Spadoni a Fabrizio Fattori

Fabrizio Fattori
Il nome di Fabrizio Fattori è ormai una realtà affermata e consolidata nel panorama internazionale dei disk jockey. Quale è il segreto del tuo successo e come sei riuscito a raggiungere i tuoi traguardi professionali?
Con la costanza e la perseveranza. Credo che se non sei tu stesso a credere in ciò che fai, difficilmente gli altri potranno credere in te e nel tuo lavoro. Oggi esistono molti più traguardi da raggiungere di quando oltre trenta anni fa iniziai, la consapevolezza dell’età che avanza e la voglia di rimanere “young” sono uno stimolo a cercare sempre nuovi limiti da superare, e forse questa voglia innata di superare gli altri e me stesso, è contemporaneamente il mio miglior pregio e il mio peggior difetto.
Viviamo in un epoca di profondi mutamenti sociali e tecnologici. Secondo Fabrizio Fattori questo incide sul modo di fruizione della musica e in che modo è possibile proporre nuovi stili sonori?
La tecnologia e il progresso sono alla base di ogni ragione di esistere, se l’uomo non avesse inventato la ruota, oggi non avremmo internet. È anche vero che non tutto ciò che è nuovo è necessariamente bello e buono, come in tutte le cose bisogna saper valutare ciò che può essere utile e ciò che è innegabilmente superfluo, io nel mio lavoro cerco sempre di guardare le cose da diverse angolazioni, per avere sempre una differente prospettiva che però abbia sempre come punto di riferimento il fulcro iniziale. Mai perdere di vista l’obiettivo primario. Mi piace sperimentare, non è un segreto, lo si percepisce da come propongo la musica (e quale musica, fatta come, e con quale intenzioni), fondamentalmente non esistono nuovi stili da proporre, al limite esistono perfezionamenti di stile, la ricerca della perfezione è da sempre lo stimolo di ogni “artista” e anche io non ne sono immune.
Come è cambiato il mondo delle discoteche rispetto al tuo passato? E’ possibile trovarvi delle analogie?
È cambiato tantissimo, e non sempre in meglio, ma non dimentichiamoci mai la parte fondamentale della discoteca:La Musica. A me interessa quella, poco cambia se l’orario di apertura e chiusura è cambiato, o se i giovani parlano più sui social network che “face to face” io credo nella musica come unico stimolo e veicolo di informazione sociale, che poi sia trasmessa in discoteca in radio o su internet poco importa, l’importante è che la musica venga divulgata, perché non cè nulla di più globalizzante della musica in senso emotivo.
Puoi darci una definizione del tuo stile musicale e delle sue contaminazioni?
Il mio stile musicale è mio, si chiama Fabrizio Fattori Style, credo sia difficile da copiare, anche se molti provano ad imitarlo. Nella mia carriera di Dj e produttore ho subito e probabilmente subirò ancora molte influenze musicali derivanti da un’infinità di generi. Oggi nell’era di Barak Obama prende un senso sacrale che mi appassiona e mi coinvolge moltissimo, i ritmi anglosassoni uniti a voci africane sono il dessert, ma io adoro il connubio tra la musica elettronica e il reggae, che per me sono il pasto.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Solitamente le idee che mi girano in testa sono sempre più di quelle che in realtà è umanamente possibile realizzare. Non stò inseguendo un obiettivo particolare, non ho un progetto segreto da realizzare, stò semplicemente continuando a fare ciò che ho sempre fatto, sperimentazione e ricerca. Ogni nuovo progetto da me realizzato è la somma di tutte le mie esperienze, ogni serata, ogni nuovo album è in se stesso un nuovo piccolo passo avanti nella mia personale e unica ricerca del ritmo e della melodia, nella frenesia di sfruttare la voglia di comunione musicale e di energia collettiva, senza spostare di un millimetro la consapevolezza comune.
È appena uscita la nuova edizione del tuo libro dal titolo emblematico “Mixando la mia vita”(Photocity Edizioni – Autori Alessandro Spadoni, Gioia Lomasti e Marcello Lombardo), puoi dirci di cosa parla e perché hai sentito il bisogno di scrivere le tue esperienze?
Il desiderio di raccontare a chi non sà e la voglia di ricordare a chi ha vissuto è normale nell’essere umano, come Dj ho voluto fare un dejavù al lettore, come uomo ho voluto, o per lo meno ho cercato di far comprendere il mio pensiero a quanti erroneamente pensavano che mettere i dischi fosse solo una cosa meccanica. Spero di esserci riuscito.

Mixando la mia vita
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Consiglieresti il mestiere di disk jockey ad un giovane che si avvicina per la prima volta al tuo mondo?
Oggi come oggi direi di no, cioè, mi spiego meglio, esistono già diverse categorie di Dj; serie A serie B, fino a scendere al dilettantismo puro e dissacrante che mal si sposa con il mio pensiero di vocazione e dedizione totale alla musica. Il vero problema di molti giovani di oggi è la mancanza di cultura musicale, quindi prima di mettere la cuffia al collo e gridare ai quattro venti: sono un Dj, direi che un bel giro in internet o nei pochi, ma buoni negozi di dischi che sono rimasti in circolazione non può che fargli bene. Io sono della generazione “vinile”, oggi molti di loro sanno a malapena cosa sia, esiste solo l’MP3 o la sistematica rapina di idee altrui, a volte fatta senza aver la minima consapevolezza che è più il danno arrecato all’intero sistema di tutti, che al guadagno ottenuto nel consenso di pochi. Senza una preparazione approfondita, una conoscenza musicale vasta ed appassionata e un senso della ricerca e dello sviluppo artistico e personale, gli strumenti producono prodotti piatti e di scarso spessore musicale.
Come può essere riassunto il pensiero di Fabrizio Fattori?
Per molto tempo ho pensato di essere avanti, oggi mi devo ricredere, non sono io che sono avanti, sono gli altri che sono rimasti indietro.
A cura del giornalista Alessandro Spadoni